Nessun beneficio dalla terapia antipertensiva aggressiva nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 e ad alto rischio cardiovascolare


Non c’è nessuna evidenza da studi randomizzati a supporto della strategia di riduzione della pressione sistolica al di sotto di 135-140 mmHg tra le persone con diabete mellito di tipo 2.

L’obiettivo dello studio ACCORD BP è stato quello di esaminare se la terapia tesa al raggiungimento della normale pressione sistolica ( es: 120 mmHg ) fosse in grado di ridurre gli eventi cardiovascolari maggiori negli individui affetti da diabete di tipo 2 e ad alto rischio di eventi cardiovascolari.

Un totale di 4.733 soggetti sono stati assegnati in modo casuale a terapia intensiva con pressione sistolica target inferiore a 120 mmHg, oppure a terapia standard con pressione sistolica target inferiore a 140 mmHg.

L’endpoint primario composito era rappresentato da infarto miocardico non-fatale, ictus non-fatale, o mortalità per cause cardiovascolari.

Il periodo medio osservazionale è stato di 4.7 anni.

Dopo 1 anno, la pressione media sistolica è stata pari a 119.3 mmHg nel gruppo terapia intensiva e a 133.5 mmHg nel gruppo terapia standard.

Nel gruppo terapia intensiva l’incidenza annuale dell’endpoint primario è stata dell’1.87%, e del 2.09% nel gruppo terapia standard ( hazard ratio con terapia intensiva: 0.88; p=0.20 ).

L’incidenza annuale di mortalità per qualsiasi causa è risultata, rispettivamente, pari a 1.28% e 1.19% nei due gruppi ( HR=1.07; p=0.55 ).
L’incidenza annuale di ictus, un endpoint secondario prespecificato, è stata dello 0.32% e dello 0.53% nei due gruppi, rispettivamente ( HR=0.59; p=0.01 ).

Gravi eventi avversi attribuiti al trattamento antipertensivo si sono presentati in 77 partecipanti su 2.362 nel gruppo terapia intensiva ( 3.3% ) e in 30 su 2.371 nel gruppo terapia standard ( 1.3% ) ( p inferiore a 0.001 ).

In conclusione, nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 ad alto rischio per gli eventi cardiovascolari, l’avere come target un valore di pressione sistolica inferiore a 120 mmHg, rispetto ad uno inferiore a 140 mmHg, non ha ridotto il tasso di endpoint composito di eventi cardiovascolari maggiori non-fatali e fatali. ( Xagena2010 )

The ACCORD Study Group, N Engl J Med 2010; Published online


Cardio2010 Endo2010 Farma2010


Indietro

Altri articoli

Il Finerenone ( Kerendia ), un nuovo antagonista recettoriali per mineralcorticoidi ( MRA ) selettivo, ha mostrato un effetto...


Sono state valutate l'efficacia e la sicurezza, con particolare attenzione alla sicurezza cardiovascolare, del nuovo doppio agonista del recettore GIP...


Il Rosiglitazone ( Avandia ) è stato collegato a un aumentato rischio cardiovascolare, in particolare per gli eventi di insufficienza...


In una analisi post hoc dello studio SAVOR-TIMI 53 riguardante pazienti con diabete mellito e ad alto rischio cardiovascolare, i...


Gli individui con diabete mellito di tipo 2 sono ad aumentato rischio di insufficienza cardiaca, in particolare quelli con coesistente...


Il diabete di tipo 2 è associato a un aumentato rischio cardiovascolare. Studi precedenti hanno dimostrato la sicurezza cardiovascolare di...


La presenza di diabete mellito o malattia renale cronica è associata a una prognosi peggiore dopo intervento coronarico percutaneo (...


Uno studio real-world ha mostrato che l'uso di Insulina basale o delle sulfoniluree come trattamento di seconda linea negli adulti...


È stato esaminato il decorso della neuropatia autonomica cardiovascolare ( CAN ) e dei relativi fattori di rischio cardiometabolico nei...


Un livello elevato del rapporto albumina urinaria / creatinina ( UACR ) è un marker di disfunzione renale e predittore...